Abbiamo visto come le ultime tre edizioni del campionato italiano di Prima Categoria avessero abbracciato la filosofia del girone unico, anche se le ultime due edizioni (1910/11 e 1911/12) presentavano il girone veneto-emiliano in aggiunta a quello "tradizionale". In realtà, come già accennato in precedenza, questo girone era scarsamente considerato per la pochezza tecnica delle squadre partecipanti e la finale per il titolo era una pura formalità. Chi vinceva il girone piemontese-lombardo-ligure era per certo campione assoluto anche prima di giocare la doppia finale.
Codesta formula presentava poi uno svantaggio non indifferente: le squadre che ad un certo punto della stagione vedevano compromessa la loro classifica, finivano per demotivarsi e spesso rinunciare a giocare le partite in calendario, compromettendo con ciò la regolarità del torneo.
L'assemblea federale del 31 agosto 1912 approvó con 27 voti favorevoli e 21 contrari il progetto di riforma Valvassori-Faroppa.
Tale riforma previde: lo spezzettamento in gironi regionali di massimo sei squadre nell'Italia settentrionale e l'apertura alle squadre del centro e del sud. Le prime due classificate del nord avrebbero disputato un girone finale la cui vincitrice avrebbe poi giocato la finale per il titolo. Al Centro-Sud l'accesso al girone finale sarebbe toccato solo alle vincitrici dei gironi.
Ma la riforma Valvassori-Faroppa introdusse altre novità: la retrocessione delle ultime classificate nei gironi e la promozione in Prima Categoria delle squadre militanti nella serie inferiore che sarebbe passata a chiamarsi Promozione invece di Seconda Categoria.
Poi, come vedremo, le retrocessioni sarebbero rimaste solo sulla carta e la Prima Categoria, nel corso degli anni, avrebbe visto un aumento abnorme delle squadre partecipanti fino al grande scisma del 1922.
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